MaurizioBomberini ama ripetere più e più volte uno stesso soggetto per il puro piacere di divagare con le sue sperimentazioni sulla materia pittorica, senza curarsi di cosa sia poi rappresentato, perché in fondo, a lui, di raffigurare qualcosa, interessa davvero poco. Certo i soggetti hanno una loro ragione di essere: i pesci, per una passione nutrita fino dall’adolescenza verso quel mondo, e i manichini, per una fase della vita passata a creare nel campo della moda. Ma la questione muta quando si tratta di … cupole anzi di ‘una’ cupola, sempre la stessa, quella del Brunelleschi, perché da molti anni, quell’elemento architettonico, già amato, è divenuto una presenza costante, dominante il suo campo visivo, dall’appartamento dove ha vissuto e dallo studio dove lavora.
La cupola si è dapprima insinuata nelle sue composizioni: lui lo sa, noi no, ma possiamo scoprire che è diventata la gonna di un abito che ricopre un manichino, una segno inciso su un legno simile a un geroglifico, una macchia di colore in una composizione astratta. La cupola è sempre lì e diventa il simbolo di qualcosa intorno a cui si gioca tutta l’ironia dolce-amara dell’arte di Bomberini, il quale pur animato da lucida autocritica, non rinuncia al piacere del dipingere, ad un corpo a corpo con la materia che non ha nulla di sofferto, ma di sommamente ludico.








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